La psicologia del terrorismo potrebbe essere definita come una nuova branca della materia a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001, quando gli aerei sono stati dirottati e lanciati contro le Torri Gemelle e il Pentagono, con quasi 3 mila vittime.
È questa una data fatidica che ha influenzato la vita di ognuno, al punto da condizionarla con la paura generalizzata, l’ansia, l’aumento dello stress, della depressione a vari livelli per uomini, donne e bambini. La psicologia del terrorismo studia gli effetti che la serie di attentati che sono seguiti all’11/9 ha generato, soprattutto nei paesi occidentali dove si sono ripetuti e hanno provocato tante vittime innocenti.
Come dimostrano anche le varie scuole di psicologia e psicoterapia, le componenti che caratterizzano il terrorismo degli anni 2000 sono quelli di un nemico invisibile identificato con il mondo islamico, e gli obiettivi, che sono i luoghi affollati o i simboli delle più grandi città europee e degli Stati Uniti. Tra gli obiettivi c’è anche la distruzione di siti archeologici di inestimabile valore culturale come Palmira, che ne è un esempio.
Tutti questi atti possono considerarsi dimostrativi della potenza occulta e difficilmente definibile di un gruppo terroristico identificato dai media come Al-Qaida e oggi con l’ Isis. La cassa di risonanza che aumenta il livello di timore sono proprio i mezzi di comunicazione moderni, primo fra tutti internet. Al web fa seguito anche la Tv, che indugia nel rimandare immagini e trattare dei protagonisti coinvolti per mesi, rendendo ognuno partecipe del dolore e dell’angoscia che l’attentato ha provocato.
Nessuno si sente escluso da questo pericolo avvertito come imminente e potenzialmente possibile ovunque, specie nei grandi centri urbani e nei luoghi ad alta frequentazione, come metropolitane, centri commerciali, stazioni ferroviarie, aeroporti e, appunto, voli. La preoccupazione aumenta ulteriormente con la consapevolezza che gli attentatori non hanno neppure paura di morire, al punto da farsi esplodere o lanciarsi sulla folla con camion pur di provocare una strage.
La loro motivazione è di tipo ideologico-religioso e dovuta a un’evidente distorsione dei precetti musulmani, interpretati dagli ideologici dei gruppi terroristici come un invito a una sorta di “guerra santa” contro l’occidente prevaricatore e miscredente. I mass media purtroppo sottolineano l’ideale contrapposizione tra un blocco “musulmano- orientale” e uno “cattolico-occidentale”, al punto che si è caduti nell’erronea identificazione del “musulmano=terrorista”, che non ha fondamento.
Questo è genericamente il contesto emotivo in cui opera la psicologia del terrorismo, che ha il compito di aiutare ad affrontare questa paura, ormai radicalizzata e che in molti crea vere e proprie sindromi e patologie invalidanti.
Le conseguenze psicologiche del terrorismo
Oltre alla paura latente per la sensazione di essere costantemente in pericolo, ci sono altre conseguenze che caratterizzano la vita dei cittadini emotivamente più colpiti.
La psicologia del terrorismo aiuta ad affrontare l’ansia, che è una delle prime manifestazioni che impedisce di vivere la quotidianità in modo sereno e nella normalità. Si ha paura degli spostamenti, sia propri che dei familiari. Si prende meno l’aereo, si sta attenti a incrociare o rimanere alla presenza di persone identificate come “islamici”, si evitano i luoghi affollati, come concerti, raduni, partite di calcio. Se anche si sceglie di vivere queste situazioni, lo si fa con timore, preoccupazione e livelli di attenzione elevati, che impediscono di divertirsi e viverle con relativa tranquillità.
Questo accade soprattutto a livello inconscio, ma si riflette nei comportamenti amplificando il disagio e le fobie irrazionali, che possono diventare incontrollabili.
A questo si aggiungono anche ossessioni, pensieri d’imminente pericolo, insonnia, esaurimento nervoso, ipocondria, livelli di stress molto elevati.
Per coloro che direttamente hanno vissuto gli attentati si manifesta il classico “Disturbo post traumatico da stress”, fino agli attacchi di panico.
Affrontare la paura del terrorismo con la terapia psicologica
Una delle tecniche più utilizzate nella psicologia del terrorismo è la terapia cognitivo-comportamentale. La stessa aiuta ad avere la giusta percezione degli eventi e a calibrare nella vita di tutti i giorni.
Inoltre, mira al recupero della fiducia in se stessi e nella possibilità di difendersi, abbassando i livelli di percezione della pericolosità effettiva del “nemico”.
È importante non sopravvalutare i terroristi e nello stesso tempo non svalutare se stessi, vedendosi come vittime impotenti. L’obiettivo è quello di riprendere il controllo della propria vita e di avere una percezione degli eventi realistica e non drammatica.
In tal modo si recupera l’equilibro emotivo con un percorso terapeutico mirato, senza farsi condizionare eccessivamente dagli eventi terroristici, che pure accadono. Gli stessi vanno elaborati e vissuti come evidentemente spiacevoli, ma senza che prendano il sopravvento. La terapia aiuta ad recuperare forza d’animo e fiducia in una vita migliore possibile.